Salto di Specie

Perché tuttavia quando nel passato virus come quelli delle ornitosi effettuarono il salto di specie dalla riserva animale all’uomo non si ebbe un’epidemia permanente e diffusa come l’Aids?

Innanzitutto pur potendo le ornitosi trasferirsi da uomo ad uomo, solo quando questo è molto malato può disperdere una sufficiente quantità di virus; ciò non avviene quando egli è ancora in grado di convivere con la comunità generale[1].

Nel caso dell’HIV sappiamo che la maggior parte dei contagi avvengono quando il sieropositivo è apparentemente sano e che questa condizione dura molto a lungo.

Un’epidemia che provochi invece una mortalità improvvisa e percentualmente elevata determina nell’uomo una reazione di panico tale da spingerlo ad isolare immediatamente il morbo. Ciò è tanto più possibile quanto più ristretta è la comunità dove avvengono i primi casi.

E’ ovvio che anche gli HIVs debbono aver dato all’inizio casi isolati in comunità ristrette ma, l’andamento cronico dell’infezione ha fatto sì, che la pericolosità dell’AIDS fosse riconosciuta solo quando il virus si era ampiamente diffuso in tutto il mondo. In questo senso i virus dell’AIDS rappresentano dal punto di vista evolutivo un indubbio progresso in termini di sopravvivenza ed affermazione.

Stupefacente è a questo riguardo la conclusione a cui giunse cinquant’anni fa il virologo Burnet: parlando di un ipotetico virus di origine animale che avrebbe potuto dare luogo a nuove malattie infettive umane, egli affermò che, una volta trasferitosi all’uomo “il virus avrà la possibilità di sopravvivere indefinitivamente se le circostanze umane di tempo e di luogo provvederanno fin dall’inizio ad una sua sufficientemente ampia disseminazione”.

Allo stesso modo egli affermava che “data l’estesa riserva animale di virus che possono dare malattie negli uomini è naturale credere che molti altri virus potranno in futuro emergere compiendo il salto di specie”.

Praticamente Burnet aveva predetto la comparsa degli HIVs e dell’AIDS[2]. Questo è in effetti ciò che sta accadendo negli ultimi anni e lo vedremo in dettaglio nel capitolo sui virus emergenti.

Proprio come anticipato da Burnet nella diffusione dell’AIDS si sono verificate sin dall’inizio quelle circostanze di tempo e di luogo favorevoli ad un’ampia disseminazione del virus.

Sovrappopolazione, rapidi spostamenti e prostituzione hanno trovato l’opportunità di agire in stretta sinergia lungo l’autostrada che collega Kinshasa (Zaire) e Mombasa (Kenia)[3].

L’invasione delle nicchie ecologiche e l’utilizzo massivo delle scimmie per ricerche scientifiche non è certo colpa dei soli africani, se non addirittura degli africani nel favorire il salto di specie.

La promiscuità sessuale ed il conseguente traffico virale sono patrimonio mondiale; semmai, esistono delle nazioni che in un certo modo fanno scuola, ma dopo un po’ tutte le altre cercano di mettersi al passo nel male come nel bene.

Alcune differenze nelle abitudini sessuali e non, spiegano invece le diversità dei fattori di rischio e della composizione dei gruppi di sieropositivi nei vari Stati. Così in Africa, dove prevale la prostituzione femminile, altissimo è il numero delle donne sieropositive ed il contagio è soprattutto per via etero-sessuale.

In America del Nord, la promiscuità sessuale riguarda maggiormente le comunità gay e l’omosessualità è stata sinora il fattore di rischio più importante, insieme alla tossico-dipendenza, per la diffusione dell’AIDS. Negli ultimi anni tuttavia, etero e bisessuali, hanno fatto di tutto per non lasciare ai gay ed ai tossicodipendenti il primato della sieropositività.

Il rapporto eterosessuale è attualmente diventato un’importante fonte di contagio anche se prevalentemente, per ora, nella direzione uomo-donna (è più facile che un uomo sieropositivo contagi una donna che non viceversa).

L’HIV ha fatto anche di più: per timore di essere accusato di discriminazione dai movimenti gay femminili è riuscito a farsi trasmettere da donna a donna attraverso le secrezioni vaginali nel corso di un rapporto sessuale oro-genitale.

La medicina non è stata da meno nell’aiutare il virus a diffondersi. Da un lato, infatti, si è arrivati a circa seimila pubblicazioni l’anno su HIV ed AIDS, dall’altro l’uso di sangue infetto per le trasfusioni ha contribuito non poco alla diffusione dell’HIV.

[1] Mac Farlane Burnet F. Virus as organism. Pag.69-79 Harvard University Press 1950.

[2] Mac Farlane Burnet Op. cit. 124-7

[3] Conner S, Kingman S. The search for the Virus Penguin London 1988