L’ Ebola Virus e i Virus Emergenti
Parte Prima
“Nessun effetto è in natura sanza ragione, intendi la ragione e non ti bisogna sperienza”.
(Leonardo Da Vinci[1])
Dall’ANSA SCIENZA E TECNICA di Venerdì 29 Agosto 2014 ricaviamo e riportiamo testualmente :
Un funerale scatenò l’Ebola L’origine dell’epidemia ricostruita grazie alle mappa genetica del virus
E’ stato il funerale di una vittima della febbre emorragica Ebola a diffondere due diversi ceppi del virus dalla Guinea alla Sierra Leone. Lo ha ricostruito la mappa genetica del virus, pubblicata sulla rivista Science, ma già diffusa nella banca dati del Centro Nazionale per le informazioni Biotecnologiche (Ncbi) degli Stati Uniti, in modo da renderla immediatamente disponibili all’intera comunità scientifica.
Sono infatti dati preziosi per scoprire i punti deboli del virus responsabile della più vasta epidemia di febbre emorragica Ebola avvenuta in Africa dal 1976 ad oggi.
Ebola è un virus mortale nel 78% dei casi e conoscerne le caratteristiche genetiche è importante per individuare futuri farmaci, vaccini e test per la diagnosi precoce.
Coordinata dall’università americana di Harvard e dal Massachusetts Institute of Technology (Mit), la ricerca è stata condotta in collaborazione con il ministero della Salute della Sierra Leone. Vi hanno partecipato anche molti ricercatori africani, cinque dei quali sono morti di Ebola prima della pubblicazione dello studio.
”Le implicazioni di questa ricerca su future terapie non saranno immediati, ma le informazioni genetiche hanno un valore cruciale nella comprensione della malattia”, osservano i ricercatori su Science.
Il materiale genetico studiato consiste in 99 sequenze del virus prelevate da 78 pazienti ricoverati in un ospedale della Sierra Leone. I ricercatori hanno inoltre confrontato i dati genetici del virus in circolazione con quelli di 20 ceppi responsabili di alcune epidemie di Ebola avvenute negli ultimi dieci anni. Hanno scoperto così che mentre in passato a scatenare l’epidemia erano i contatti con gli animali che sono il ‘serbatoio’ naturale del virus (come i pipistrelli della frutta), questa volta sono stati soprattutto i contatti da uomo a uomo. Si spiega così, ad esempio, il passaggio dei due ceppi del virus dalla Guinea alla Sierra Leone.
Rispetto ai loro ‘predecessori’, i nuovi ceppi di Ebola si diffondono più velocemente: al momento, scrivono i ricercatori, si registra ”un progresso esponenziale, con un periodo di raddoppio di 34,8 giorni”. E’ anche emerso infine che, a differenza di quanto è avvenuto in passato, il virus che sta circolando muta molto facilmente, tanto che ne sono state identificate almeno 300 varianti comparse nei primi 24 giorni della diffusione dell’epidemia in Sierra Leone.
Con il dovuto rispetto per gli studi dei ricercatori dall’università americana di Harvard e del Massachusetts Institute of Technology (Mit), quella riportata dall’Ansa ci sembra una non notizia sia da un punto di vista vista mass- mediologico sia da un punto scientifico. Già dai tempi della peste nera era noto che coloro che si occupavano del funerale e dell’inumazione dei soggetti colpiti dall’infezione erano ad alto rischio di contrarre la malattia. Gli individui che trasportavano i cadaveri e li seppellivano erano al rango più basso della società tant’è che il loro nome, monatti, è stato per lungo tempo sinonimo di individuo spregevole anche perchè di solito, i monatti oltre a persone guarite dal morbo e così immuni da esso, erano condannati a morte o carcerati.
Da un certo momento in poi anche i monatti si rifiutarono di avere a che fare con i cadaveri degli appestati per cui questi ultimi rimanevano insepolti per le strade o nei campi.
L’artificio retorico o meglio massmediologico di far riferimento ad un funerale come occasione della trasmissione da uomo a uomo del virus Ebola non è assolutamente cosa nuova per il semplice fatto che vi sono stati già altri casi di trasmissione intra specifica umana di un virus emergente nel corso di un funerale.
Nel capitolo Quarto ( L’Hpv ed i Virus Emergenti) del testo Il Virus Intelligente nel 2002 raccontavamo il caso del virus simile all’Hantaan trasmesso da uomo a uomo durante un funerale in una riserva indiana della tribù dei Navayo .
Se consideriamo ora, come abbiamo già fatto in precedenza, l’enorme numero di virus diversi presenti nella riserva animale e l’alto tasso di mutazione di virus già noti, possiamo immaginare quanti patogeni siano pronti a partecipare alla gara per conquistare l’ambito, vasto mercato della popolazione umana. Sto parlando ad esempio dei virus di Hantaan detti così dal nome della regione coreana dove sono stati identificati per la prima volta.
Da anni si pensava che essi potessero essere presenti anche in America tant’è che il virologo e premio Nobel Carleton Gajdusek era riuscito a dimostrare la presenza di virus simili all’Hantaan in molti dei roditori catturati nella sua tenuta del Maryland[2].
Seguendo la tradizione per cui ai virus del genere Hantaan viene dato il nome della regione dove sono identificati, il virologo americano chiamò il suo virus Prospect Hill. Il microrganismo tuttavia non apprezzò un esordio così in sordina e, volendo presentarsi in maniera giusta ai mass media americani, scelse un copione da film. La scena si svolge in una riserva indiana della tribù dei Navayo. L’occasione è il funerale di una ragazza diciannovenne morta in seguito a quella che sembra una banale influenza.
Il fidanzato, disperato, pochi giorni dopo il funerale muore della stessa misteriosa malattia. Ai primi due seguono altri decessi per un totale di tredici. A movimentare il tutto arriva il sospetto che a causare l’epidemia sia stato il virus Prospect Hill modificato per scopi di guerra batteriologica dall’Army Medical Research Institute. In pochi giorni il caso è conosciuto in tutta l’America grazie anche agli ingredienti che ne fanno una storia degna dei migliori films.
Il mistero viene risolto grazie all’intuito di Robert Parmenter, zoologo dell’Università del New Messico. Anche questa volta troviamo tutti i soliti fattori che abbiamo visto essere all’origine di molte epidemie. Innanzitutto c’è un popolazione animale (topi) nella fase di massima crescita numerica. L’aumento della popolazione di roditori è stato causato da grandi piogge e abbondante neve che, in zone normalmente aride, ha provocato un aumento di pinoli ed insetti, cibo dei topi cervo. C’è poi un virus ad RNA endemico alla popolazione murina ma che, grazie all’aumento di questa, trova modo di effettuare il salto di specie dal topo all’uomo. Nel nuovo ospite la virulenza è tale da provocare in breve tempo effetti mortali.
All’inizio, infatti, i sintomi sono quelli di una banale influenza che presto però evolve in una grave sindrome respiratoria con edema polmonare e morte.
Il virus in causa prende il nome della zona dove vivono i piccoli roditori: Canyon Muerto. L’apparente contraddizione dello scoppio di un’epidemia in una zona non densamente abitata è facilmente spiegabile con lo straordinario sviluppo della popolazione dei topolini[3]. Se un’epidemia simile fosse iniziata in una zona ad alta densità umana le conseguenze sarebbero state molto più drammatiche. In una comunità ristretta la diffusione del virus si limita alle poche occasioni di assembramento possibili (in questo caso un funerale) e si arresta ai limiti della comunità stessa. Questa almeno sembrava la spiegazione più logica.
Poi ci si è domandato come mai il virus del Canyon Muerto, nel frattempo ribattezzato Sine Nombre o No Name per la protesta degli abitanti di quella regione, non provochi la malattia in tutte le persone che infetta.
Basso è anche il numero di individui colpiti tra i lavoratori addetti a bonificare gli ambienti infestati dai topi-cervo.
Infine sembrerebbe che solo il 25% dei casi di sindrome polmonare, registrati nella riserva dei Navayo, possa essere effettivamente associato all’Hantaan virus; parafrasando la storia di Ulisse prigioniero del Ciclope, potremmo dire che nessuno (no name) ha causato l’epidemia[4].
[1] Leonardo Da Vinci. Codice Atlantico, foglio 147 (1487). Biblioteca Ambrosiana Milano. Riedito in Leonardo Da Vinci Scritti Letterari, pag.65. BUR Milano 1991.
[2] Gajdusek D C.Virus hemorrhagic fevers. Special reference with renal syndrome epidemic hemorrhagic fever. J Pediatric 60:841-57 1962.
[3] Lee H W, Lee P W and Baek L A. Intraspecific transmission of hantan virus, etiologic agent of Korean hemorrhagic fever, in the rodent apodemus agrarius . A M J Trop Med Hyg 30:1106-12.1981.
[4] Nell’Odissea di Omero il protagonista Ulisse viene catturato dal Ciclope, un gigante mostruoso con un solo occhio, e tenuto prigioniero in una grotta insieme ai suoi compagni. Interrogato dal ciclope Ulisse, previdente, risponde di chiamarsi Nessuno. In seguito l’eroe omerico, mentre il gigante dorme ubriaco riesce ad accecarlo dell’unico occhio ed a fuggire insieme ai compagni aggrappato al vello di alcune pecore. Quando il Ciclope chiede aiuto ai suoi simili non può far altro che urlare: “Nessuno mi ha accecato!”
Segue in L’Ebola Virus ed i Virus Emergenti Parte Seconda
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