Sovrappopolazione, mancanza di igiene ed epidemie
Col progredire della civiltà e con l’aumento delle bocche da sfamare l’uomo è alla costante ricerca di sempre nuove aree da coltivare. Uno dei mezzi più a portata di mano è quello di abbattere gli alberi delle foreste tropicali e bruciarli sul posto per ottenere terreno coltivabile.
In molte zone, specie nel Nord Africa, là dove ora sono deserti c’erano dei rigogliosi giardini. La necessità di grano e di legname da costruzione degli antichi romani fece sì che intere foreste venissero distrutte e nel corso dei secoli non si sono più riprodotte.
L’intensificarsi delle coltivazioni slash and burn (taglia e brucia) e del processo di civilizzazione in genere porta l’uomo a contatto diretto con virus e batteri, altrimenti inaccessibili, della riserva animale.
All’inizio della loro storia i romani non avevano reti fognarie e nella loro primitiva città la popolazione beveva l’acqua dei pozzi e del Tevere. Le scorte di grano immagazzinate alla meglio erano a disposizione dei topi che aumentarono enormemente di numero.
Epidemie di peste non tardarono a comparire e né la medicina, né altri rimedi poterono nulla. Col tempo i romani svilupparono un concetto molto preciso dell’igiene personale e ambientale. Fogne, acquedotti, terme, furono costruiti[1] dovunque. Ancora oggi i resti di queste costruzioni si possono ammirare in ogni angolo di quello che fu l’Impero Romano. I romani erano a conoscenza dello stretto rapporto tra mancanza di igiene ed epidemie
Un esempio per tutti la cittadina di Bath, letteralmente bagno, nel Sud dell’Inghilterra dove i Romani avevano costruito delle bellissime terme.
Il “cultus” era il dovere sacro per ogni cittadino di mantenere la propria persona pulita e decorosa.
Qualcuno potrà obiettare che i poveri vivevano in abitazioni malsane ma in realtà passavano molto del loro tempo al foro o alle terme dove, come quelle di Caracalla, l’acqua delle vasche veniva cambiata circa due volte al giorno[2].
Quando durante le campagne militari, l’esercito occupava un posto per più di 3 giorni, i Romani provvedevano immediatamente a costruire semplici latrine e fogne perché aveva intuito che dopo quel lasso di tempo era inevitabile l’inquinamento del terreno ed il rischio di malattie.
Particolare cura era dedicata alla costruzione dei granai e dei depositi per le derrate alimentari al genere. Essi erano a prova di umidità, di vermi e soprattutto di topi.
Con la decadenza e la fine dell’Impero, tutti questi sistemi igienici scomparvero, le strade divennero fogne a cielo aperto e le case non avevano più un approvvigionamento idrico diretto. Nello stesso tempo la peste legata a pulci e roditori inizia la sua trionfale carriera.
Questa era grosso modo la situazione di Londra nel 1665 anno della grande peste. Cosa ancora più importante è che i tetti delle case londinesi erano spesso di paglia, per cui offrivano un ottimo rifugio per i topi, mentre le pulci da essi ospitate potevano cadere facilmente nelle abitazioni sottostanti dove appunto risiedevano gli uomini.
Come meravigliarsi dunque, se per secoli infuriò un morbo il cui agente, la Pasteurella Pestis, ha come ospiti primari i topi e come intermedi le pulci?
Dovranno passare molti anni da quel terribile 1665 a Londra, perché un inglese Edwin Chadwich immaginasse un semplice sistema di raccolta di acque luride e la possibilità di portare l’acqua corrente nelle case[3].
Il sogno di Chadwich fallì per ragioni economiche e di privacy. Questo avvenne a Londra quasi duemila anni dopo che a Roma c’era già un’efficientissima rete fognaria[4]. Eppure Londra, la città di Chadwich, era stata fondata proprio dai Romani che l’avevano chiamata Londinium.
I tentativi dell’uomo di opporsi alle malattie epidemiche furono molti ma fino alla fine del ‘700 i risultati dell’intervento medico furono scarsi se non nulli. Gian Giacomo Casanova, nelle sue Memorie scriveva “Più persone muoiono nella mani dei dottori di quante siano guarite da loro”.
[1] Penso G, La medicina romana. pag. 508 Giba Geigy Edizioni 1985.
[2] Tanta igiene non doveva essere gradita ai Goti, popolo barbaro, perché quando nel 537 invasero Roma la prima cosa che fecero fu quella di tagliare l’acquedotto Antoniano che alimentava le terme di Caracalla.
[3] Mc Neill W H, Plagues and peoples. pag.240- 41Anchor Book Doubleday New York 1989.
[4] Addirittura alcuni tombini della rete fognaria erano decorati con mosaici, figure geometriche o mascheroni come la famosa bocca della verità conservata nella Chiesa di Santa Maria Di Cosmedin a Roma.
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