Human Papilloma Virus

“Nessun effetto è in natura sanza ragione, intendi la ragione e non ti bisogna sperienza”.       (Leonardo Da Vinci[1])

(Human Papilloma  Virus) Alcuni anni fa mi trovavo per un breve soggiorno a Madonna di Campiglio, sulle Dolomiti. Il mio maestro di sci, durante la lezione, mi consigliò un ristorante fuori dal paese ed io prenotai per la sera stessa. Da alcuni giorni nevicava quasi ininterrottamente, la neve era veramente tanta, lo chalet del ristorante molto suggestivo e tutta l’atmosfera era magica.

Una volta a tavola esaminando il menù vidi alcuni piatti a base di cervo e la cosa mi incuriosì. Mi chiesi infatti da dove potesse venire quell’animale, visto che non pensavo proprio che sulle Dolomiti ci fosse una tale abbondanza di cervi da poter essere cacciati e serviti a tavola. Pensai che si trattasse di carne importata e per saperne di più chiamai il proprietario del locale. Con mia grande sorpresa mi spiegò che in quelle zone i cervi erano tanto numerosi da rendere necessarie delle periodiche battute di caccia per ridurne il numero; “altrimenti?” – domandai sempre più incuriosito. Tutto orgoglioso del mio interesse e della sua preparazione extraculinaria il proprietario mi spiegò che quando i cervi diventano troppo numerosi si ammalano e muoiono.

La mia curiosità era ormai al colmo e, molto eccitato, chiesi di che cosa mai si ammalassero quegli splendidi animali; la risposta fu per me una folgorazione: papillomatosi sottoungueale; una malattia virale dunque, legata alla sovrappopolazione ed alla contaminazione ambientale.

Proprio in quel periodo mi stavo ponendo tutta una serie di domande circa i casi di condilomatosi genitale, determinati dal Papillomavirus umano, che sempre più numerosi riscontravo tra le pazienti che visitavo nel mio studio di ginecologo e nell’ambulatorio dell’ospedale dove lavoro. Il numero delle donne colpite dallo H.P.V. (Human Papilloma Virus) in sede genitale era davvero impressionante e le ipotesi che sino a quel momento avevo fatto non mi soddisfacevano in pieno.

Sembrava che la promiscuità sessuale fosse ormai diventata un fenomeno di massa. Come altrimenti spiegare il fatto che tutte le classi sociali, i livelli di istruzione, le categorie lavorative e non, fossero presenti tra le donne affette dal Papillomavirus? Anche l’età delle pazienti era la più varia e sebbene prevalessero le ragazze nubili fino a 26 – 27 anni, casalinghe ed impiegate dopo la trentina, sposate con figli, erano anch’esse molto numerose; sorprendentemente avevo osservato casi di condilomatosi genitale anche in donne in menopausa.

Per questo motivo quando seppi della storia dei cervi non potei più smettere di pensare ai virus, e soprattutto alla modalità di trasmissione degli stessi (Human Papilloma Virus)  ed al loro ruolo. Per cominciare rimanevo sempre più perplesso di fronte a delle coppie che sembravano sinceramente stupite del modo in cui la donna avesse potuto contrarre l’infezione. All’inizio, debbo confessare, ero piuttosto scettico sulla sincerità di ciascun coniuge circa la non esistenza di rapporti extraconiugali. Alcuni mesi dopo l’inizio dell’epidemia che addirittura potrei datare al settembre del 1990, iniziai a ricercare il D.N.A. virale.

Sottoposi cioè le urine del maschio delle coppie, in cui la donna era affetta da condilomatosi, alla reazione della catena della polimerasi per l’HPV[2], una tecnica che consente di identificare anche minime quantità di virus su materiali biologici e non. Un’alta percentuale di casi risultò positiva senza che apparentemente l’uomo avesse alcun disturbo o lesione genitale. Questo non mi sorprese più di tanto ed avrei potuto concludere che la causa unica dell’epidemia era la diffusione di massa della promiscuità sessuale. Eppure non ero del tutto convinto. Mi lasciavano tra l’altro perplesso la sede e la morfologia delle lesioni.

Sino ad allora infatti, pur in presenza di condilomi multipli, ogni singolo elemento appariva isolato. Nella nuova epidemia l’aspetto era quello di una microcondilomatosi diffusa od a tappeto in cui era impossibile definire, spesso anche alla visione colposcopica, cioè ad ingrandimento, ogni singola lesione. Anche la sede era cambiata perché se prima tutte le aree genitali (vulva, vagina, collo dell’utero, ano) potevano essere colpite, adesso, almeno nella fase iniziale erano solo vulva ed introito vaginale ad essere interessati. La storia dei cervi mi faceva pensare ad una possibile sorgente ambientale dell’infezione. Ma come era possibile?

Decisi allora di cercare in letteratura tutto quello che c’era di recente sulle verruche o condilomi genitali e studiai con ancora maggiore attenzione i casi clinici che man mano mi capitavano.

[1] Leonardo Da Vinci. Codice Atlantico, foglio 147 (1487). Biblioteca Ambrosiana Milano. Riedito in Leonardo Da Vinci Scritti Letterari, pag.65. BUR Milano 1991.

[2] Melchers W J G, Schift R, Stolz E, Lindeman J and Quint W G. Human papilloma virus detection in urine sample from male patients by the polimerase chain reaction. Journal of clinical Microbiology Pag.1711- 4 Aug.1989.

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