UOMO PAZZO
Di fronte all’intelligenza dell’HIV ed alla coerenza del suo comportamento le reazioni dell’uomo, genericamente parlando, non sembrano altrettanto razionali ed efficaci (uomo pazzo) .
Un modo sicuramente sbagliato è stato quello di distruggere fra i tanti altri alberi, anche un esemplare di Calophillum Lanigerum che un gruppo di ricercatori dell’Università dell’Illinois, aveva scoperto possedere nella sua linfa un succo con potenti capacità medicinali contro l’Aids.
Tornati in Malesia per prendere altri campioni dell’albero, i ricercatori hanno scoperto che era stato tagliato e non ne hanno trovati altri con proprietà simili.
Parafrasando un famoso spot pubblicitario possiamo dire “Aids se lo conosci non lo eviti”: alcuni soggetti hanno deliberatamente rapporti sessuali non protetti con partner sieropositivi. I casi sono tanto numerosi che l’Istituto di Malattie Infettive ed il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna, li hanno compresi tutti nella cosiddetta “Sindrome di Samo”[1].
Secondo gli psicologici dell’Università di Bologna i soggetti affetti dalla sindrome di Samo – per lo più donne depresse – “sono riuscite a ledere sé stesse in un modo socialmente accettabile, secondo loro, ed apparentemente eroico, facendo del proprio autolesionismo, ovvero del sesso non protetto con un uomo HIV positivo, una serafica dedizione all’aiuto dei sofferenti, ma soprattutto il modo di ricevere e donare l’amore estremo”.
Qualcosa di analogo sta succedendo tra le comunità gay di San Francisco: una ricerca condotta dal Professor Ron Stall del Centro per lo studio e la prevenzione dell’AIDS dell’università di quella città afferma che l’incremento di infezioni da HIV è drammatico e le prospettive per il futuro sono ancora più sconcertanti.
Nel 1982, il 18% degli uomini gay della città aveva contratto l’HIV. Nel 1985, dopo enormi sforzi della comunità gay per propagandare il sesso sicuro, si aveva meno di un nuovo sieropositivo ogni 100 omosessuali in un anno.
Improvvisamente, negli ultimi anni, questo numero si è raddoppiato e tra i gay sotto i 25 anni addirittura quadruplicato. Secondo il Professor Stall un numero sempre più grande di omosessuali ha smesso di prendere precauzioni ed è tornato alla promiscuità selvaggia ed al sesso non protetto di un tempo.
Un altro studio svolto dal Dipartimento di Sanità del comune di San Francisco conclude: “Un gay su tre oggi pratica sesso a rischio, soprattutto rapporti anali senza profilattico”.
Dopo aver seppellito decine di amanti ed amici, molti gay sono diventati fatalisti, per cui in questo caso gli psichiatri parlano di “suicidi sessuali”. La causa sarebbe psicologica: gli omosessuali di San Francisco non riescono più a tollerare lo spettacolo di morte e di sofferenza che li circonda e li minaccia; tanto vale prevenire il destino. Considerando poi i tempi di sopravvivenza tra infezione da HIV ed AIDS conclamata e morte, è meglio vivere un giorno da leone che cent’anni da pecora.
Secondo il New York Times, in un servizio intitolato “la seconda ondata di AIDS nella capitale gay”, l’identità gay e l’AIDS sono talmente collegate che molti uomini fanno di tutto per contrarre il virus e sentirsi più gay.
Sempre parlando di reazioni umane all’HIV, di apparente difficile interpretazione sembra essere il desiderio di vendetta di taluni quando scoprono essere sieropositivi.
A Pelotas, cittadina nel Sud del Brasile, alcuni omosessuali e travestiti sieropositivi hanno costituito una specie di club dell’Aids: dopo aver adescato i clienti ed aver avuto con loro rapporti non protetti, il giorno dopo mandano ai malcapitati un messaggio avvertendoli dell’accaduto.
La notizia è stata riferita da Angelo Langone uno psicologo che si occupa laggiù di assistenza psichiatrica ai tossicodipendenti.
Un caso analogo è avvenuto in Israele: un omosessuale di quarantasei anni, Ieshaiahu Damner, Professore di Ingegneria dell’Università di Haifa, scopre che la sua sieropositività si è trasformata in Aids. Da quel momento escogita un piano diabolico: nasconde a tutti la malattia e cerca di avere quanti più rapporti sessuali possibile, arrivando a prostituirsi gratis con Arabi ed Ebrei purché i suoi partners non usino il preservativo. Meticolosamente appunta in un registro nome e cognome, indirizzo e numero telefonico di clienti ed amanti. Quando viene trovato ucciso in un lago di sangue nessuno ha dubbi sul movente.
Episodi simili si sono verificati a più riprese. In Irlanda una non meglio precisata venticinquenne dai capelli rossi, avrebbe propagato il virus ad ottanta persone. Non manca in quel paese cattolico il personaggio del prete, tale Michael Kennedy, che avrebbe raccolto la confessione della vendicatrice. Il tutto pubblicamente denunciato da padre Kennedy durante una omelia in chiesa.
In Italia le vendicatrici sarebbero più di una, tra i venti ed i trentacinque anni, costrette a prostituirsi e a continuare il proprio lavoro per potersi drogare. Alcuni uomini vittime dell’HIV e dell’AIDS non trovano altro sfogo alla loro sofferenza che vendicarsi sui propri simili. Certo essi sapevano bene il rischio che correvano avendo rapporti a rischio senza protezione, eppure una volta infettati dall’HIV se la prendono con il resto dell’umanità. Cattiveria pura? Forse no.[2]
[1] Nel medioevo sull’isola greca di Samo un editto imperiale permetteva il matrimonio tra gli ospiti del locale lebbrosario e gli abitanti, sani, del luogo.
.[2] È recente il caso del trentenne romano che, sieropositivo dal 2006, ha volutamente contagiato sei donne il con il virus dell’HIV dopo averle adescate in chat . Il PM che si occupa del caso lo ha accusato di lesioni gravissime e disposto la custodia cautelare in carcere
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