L’Uomo Pazzo 2°
Il problema dell’AIDS dovrebbe essere un problema sociale di cui lo stato dovrebbe assumere la gestione anche a costo di prendere decisioni apparentemente dolorose. In nome di una difesa della privacy, tanto demagogica quanto ipocrita, avviene infatti che a gestire il problema AIDS sia l’individuo e non la società, cosa mai vista nei secoli in occasione di qualsiasi epidemia. (Uomo pazzo) Quando però un individuo, che fino al giorno prima aveva difeso il diritto generico a tenere segreta la sieropositività, scopre di essere lui sieropositivo o peggio di essere affetto da AIDS, sente drammaticamente, sulla propria pelle, quanto sia micidiale difendere l’individuo a scapito della comunità.
Quest’ultima infatti è composta da milioni di altri individui che possono a loro volta ammalarsi. A quel punto la volontà di coinvolgere quanti più esseri umani possibile può essere non una vendetta ma il desiderio di far diventare sociale quello che viene in pratica trattato come un problema individuale.
Nel caso dell’HIV e dell’AIDS, la validità del segreto professionale viene meno laddove per “difendere” un individuo si crea un danno alla comunità, cioè ad altri (molti) individui.
Prendiamo il caso di Santina, una ragazza siciliana di ventotto anni che tre anni dopo il matrimonio scopre di essere sieropositiva: il marito, emofilico, era positivo per l’HIV ancora prima di sposarsi, né il medico curante né i parenti del coniuge, avevano ritenuto doveroso avvisare Santina prima del matrimonio.
In una società basata sull’individualismo esasperato è normale che nessuno debba ritenersi responsabile di casi come questo che, visti con lucidità, sembrano essere omicidi legalizzati.
Fortunatamente non tutti coloro che hanno una qualche responsabilità agiscono in questo modo: un giudice americano ha condannato all’ergastolo un sieropositivo accusato di aver violentato tre bambini. Secondo il Magistrato Michael Chavies del Tribunale di Miami l’imputato essendo a conoscenza del suo stato ha di fatto usato un’arma mortale.
Ovviamente quando l’imputato venisse riconosciuto incapace di intendere e di volere o non fosse a conoscenza del proprio stato, verrebbe automaticamente negata l’intenzionalità dell’eventuale trasmissione dell’HIV.
Questo potrebbe essere il caso di un soggetto in cui l’AIDS si era manifestato nella forma di encefalopatia o dementia complex. Venuto alle mani con il fratello minore, entrambi si erano procurati profonde ferite agli arti ed al viso. Dopo qualche tempo il fratello più piccolo, che precedentemente alla rissa era risultato negativo all’HIV, scoprì di essersi infettato con lo stesso ceppo di HIV del fratello maggiore. In questo caso l’AIDS potrebbe aver determinato sia la rissa (alterando il comportamento del soggetto affetto da dementia complex) sia la conseguente infezione dell’individuo sano.
La capacità dell’HIV di modificare il comportamento delle proprie vittime favorendo in questo modo la propria trasmissione, ha almeno due altri analoghi esempi in natura. Uno è quello del virus della rabbia, che rendendo appunto rabbiosi gli animali colpiti fa sì che questi aggrediscano altri animali trasmettendo il microrganismo; l’altro è quello dell’Herpesvirus-2 (HSV-2) o genitalis.
L’infezione da HSV-2 sembra aumentare il desiderio sessuale tramite irritazione delle mucose genitali da esso colpite. L’incremento di rapporti che ne consegue facilita la trasmissione del virus.
Nel frattempo gli esperti litigano su tutto. Se nel 1993 sono tutti d’accordo nell’affermare che la carcerazione è incompatibile con la malattia, dopo vari episodi in cui questa legge è stata utilizzata da molti criminali per ottenere la totale immunità, gli stessi esperti fanno marcia indietro e dichiarano che il regime carcerario è incompatibile solo con la malattia conclamata. Sul bacio come fattore di rischio si arriva alla totale farsa.
Prima l’esperto bacia pubblicamente sulla bocca un sieropositivo per dimostrare la non trasmissibilità dell’HIV attraverso la saliva, dopo una paio di anni lo stesso esperto dichiara che forse con qualche ceppo di HIV la trasmissione attraverso il bacio è possibile.
Nel frattempo esperimenti con le scimmie, condotti nella Scuola di Medicina della Tulane University di New Orleans sotto la direzione della infettivologa Ruth Muthm Ruprecht, dimostrano che per la trasmissione con la saliva è sufficiente una quantità di virus molto inferiore di quella necessaria per la trasmissione attraverso i rapporti sessuali.
Gli unici ad avere un atteggiamento molto chiaro riguardo all’HIV e all’AIDS sono i giuristi ecclesiastici. Nella relazione di apertura dell’anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Don Emiliano Massimo Mingaroli afferma che il problema della nullità di un matrimonio si pone quando uno o entrambi i nubendi sono ammalati di AIDS o sieropositivi.
“Ci sono almeno quattro capi di nullità – sottolinea Don Mingaroli – che possono essere direttamente invocati: il dolo (il malato nasconde il suo stato); la simulazione (fingere di accettare il bonus prolis per poi escluderlo di fatto); la subordinazione del consenso alla perfetta salute dell’altro, quando la possibile sieropositività del partner non è ancora accertabile; l’errore circa la qualità della persona, quando certamente non si intendeva contrarre il matrimonio con un ammalato di AIDS”. Secondo il relatore in presenza del virus HIV, vi dovrebbe anche essere “l’incapacità ad assumere gli oneri del vincolo matrimoniale”.
L’atteggiamento di coloro che dovrebbero istituzionalmente occuparsi della prevenzione e della possibile cura dell’AIDS sembra più preoccupato al business dei contributi statali e delle case farmaceutiche che a trovare delle reali soluzioni.
La manifestazione “Live AIDS”, in diretta TV da Piazza Navona, finisce in una vera e propria rissa quando il presidente della Lega per la Lotta all’AIDS, tenta inutilmente di parlare. Allontanato dal microfono dai gorilla del servizio d’ordine riesce a parlare solo dopo l’intervento della polizia.
In pratica il presidente della LILA contestava il fatto che i soldi raccolti durante le manifestazioni andassero tutti alla rivale ANLAIDS. A completamento della polemica il direttore del TG5 Enrico Mentana denuncia che, al Congresso Interna-zionale sull’AIDS in programma a Vancouver, i giornalisti sono stati invitati a spese delle case farmaceutiche.
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