Salto di Specie dalla Riserva Animale Parte Prima
CONSEGUENZE MICROBIOLOGICHE DELLA CIVILIZZAZIONE UMANA
Col progredire della civiltà l’uomo invade nuove aree geografiche sino a quel momento dominio incontrastato di altre popolazioni animali favorendo il salto di specie dalla riserva animale all’uomo.
Batteri e virus presenti in quest’ultime sin dai primordi costituivano uno dei fattori di regolazione numerica delle popolazioni animali ivi residenti. Numero ed eterogenicità di tali microrganismi sono davvero enormi.
Questa riserva animale è un serbatoio inestinguibile di batteri e virus. Ogni volta che l’uomo in un modo od in un altro altera gli equilibri di questa riserva o comunque viene forzatamente a contatto con essa specie sempre nuove di microrganismi possono effettuare il così detto “salto di specie”[1], passare cioè dalla riserva animale all’uomo. Nella specie originaria virus e batteri hanno raggiunto un equilibrio con i loro ospiti seguendo la stessa legge che regola reciprocamente il numero dei predatori e delle rispettive prede. Quando passano nella popolazione umana, questi equilibri non esistono ed inoltre è l’uomo a fornire spesso ai microrganismi l’opportunità di diffondersi. Batteri e virus come ogni altro essere vivente tendono alla sopravvivenza.
Nei piccoli gruppi nomadi com’erano organizzati all’inizio gli uomini un agente infettivo altamente trasmissibile e virulento si sarebbe diffusa rapidamente e con la morte di tutti gli ospiti avrebbe ucciso se stesso. Poiché non è questo il fine del microrganismo epidemie con agenti molto infettivi e letali erano rare in comunità ristrette. Quando il numero degli esseri umani in una determinata area aumenta considerevolmente un virus che si propaga rapidamente e che altrettanto velocemente uccide tutti i suoi ospiti riesce comunque a sopravvivere perché prima che un ospite sia morto si trasmette ad un altro o sopravvive il tempo sufficiente per trovare comunque un altro ospite. Man mano che l’epidemia riduce la popolazione il virus diviene meno trasmissibile e virulento e l’uomo più resistente, si crea cioè un equilibrio tra predatore (virus) e uomo. Questo stesso equilibrio esisteva nella riserva animale da cui il virus era saltato all’uomo cioè aveva compiuto il salto di specie dalla riserva animale all’uomo. Sono molte le modalità con cui nel corso della storia l’uomo ha fornito ai microrganismo l’opportunità di espandersi: sovraffollamento ambientale, specie se non accompagnato da igiene adeguata, distruzione di larghe zone verdi dove virus e batteri vivono in equilibrio con altre specie viventi nella riserva animale, promiscuità sessuale, spostamento rapido di larghe masse da un territorio all’altro con spostamento dei patogeni da zone dove avevano raggiunto un equilibro anche fra la popolazione umana ad altre dove essi erano sconosciuti.
La stessa manipolazione dei primati per creare vaccini può diventare causa dell’insorgere di nuove epidemie sia perché produce un sovraffollamento artificiale dei primati stessi sia perché può portare accidentalmente a contatto l’uomo con i tessuti interni di questi animali.
Nelle zone deforestate del mediterraneo proliferò enormemente un tipo di zanzara l’Anopheles Gambiae abituata a nutrirsi di sangue umano; prevalendo nelle zone deforestate gli uomini sulle altre specie animali ovviamente l’Anopheles Gambiae soppiantò le altre specie di zanzare abituate a nutrirsi del sangue di creature diverse dall’uomo.
Come risultato si ebbe un enorme intensificarsi del ciclo malarico. Ogni essere umano che si avventurava su quei terreni strappati alla foresta veniva colpito dalla malaria. L’unica risorsa dei coltivatori africani e mediterranei in genere, fu una mutazione genetica per cui normali globuli rossi furono sostituiti da microciti meno ospitali degli altri nei confronti del plasmodio della malaria[2].
Durante tutto il Medio Evo una malattia diffusissima era la lebbra.
Nel XIII secolo vi erano all’incirca 19.000 lebbrosari sparsi per tutto il mondo cristiano. Secondo alcuni studiosi la lebbra comprendeva tutta una serie di malattie della pelle oltre alla specifica malattia. Una di queste infezioni è la Frambesia che provoca sulla pelle delle ulcere estese e profonde. La Frambesia è causata da una Spirocheta non distinguibile da quella che causa la Sifilide.
Se ammettiamo che la Spirocheta della Frambesia sia la stessa della Sifilide possiamo spiegarci perché ad un certo punto la Frambesia, insieme a tutte le altre malattie della pelle comprese nel termine Lebbra divenne rara mentre la Sifilide si diffuse enormemente in tutto il mondo.
Nel caso della Frambesia, infatti, la Spirocheta necessita di un prolungato contatto pelle-pelle per passare da un individuo ad un altro, la cute esercita infatti una discreta protezione nei confronti delle aggressioni batteriche e virali.
Durante il Medio Evo la povertà di molti contadini faceva si che essi per superare le rigide notti invernali dormissero stretti gli uni agli altri , senza altra protezione che la nuda pelle. Si realizzava, così, quel prolungato contatto cute-cute necessario alla diffusione della Frambesia.
Il forte declino demografico del XIV secolo fece si che ci fossero molte meno persone a doversi dividere i mezzi di sussistenza di una determinata area. Si sa pure che in quel periodo inizia una forte esportazione di tessuti di lana dall’Europa verso oriente determinata anche da un aumento della popolazione delle pecore.
E’ probabile, dunque, che da un certo momento in poi anche i contadini europei fossero in grado di acquistare più tessuto di lana per coprirsi durante l’inverno.
La Spirocheta, dunque, si sarebbe trovata la strada sbarrata per passare da un ospite all’altro attraverso la pelle.
Gli uomini tuttavia le fornirono presto una nuova via di trasmissione che il microrganismo trovò ancora più comoda ed agevole della precedente: le mucose genitali.
La promiscuità sessuale ed il traffico di patogeni legato al movimento di grandi masse quali gli eserciti sempre in cerca di subitanee e molteplici soddisfazioni sessuali
offrirono alla Spirocheta il modo di passare da un ospite all’altro attraverso le mucose genitali[1] sicuramente meno resistenti all’invasione di quanto lo sia la pelle. Il rapido movimento di moltitudini di portatori congiunta con la lunga durata della malattia e del malato fecero si che la Sifilide si diffondesse in tutto il mondo.
Il carattere “moderato” e di lunga durata di un’infezione sia batterica che virale si ha dopo un lungo adattamento tra ospite e microparassita.In questo caso possiamo supporre che l’adattamento tra uomo (ospite) e Spirocheta (microparassita) sia avvenuto nel lungo periodo in cui questa si manifestava come Frambesia.
[1] Mc Neill W H , Plagues and peoples. Op.cit.pag.193.
[1] Myers G ,MacInnes K and Myers L. Dual cross-species transmission.pag.130-1 In Emerging Viruses. Op.cit.
[2] Mc Neill WH. Plagues and peoples. Pag.41-2 Anchor Book Doubleday New York 1989.
Continua in:
2 ) Salto di Specie da Riserva Animale Parte Seconda
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