L’INTELLIGENZA VIRALE I°
Seguendo, attraverso la stampa, le imprese di questo piccolo frammento di RNA, acido nucleico che rappresenta il centro operativo del virus, non possiamo nascondere la nostra meraviglia e scoprire che in tutto ciò c’è dell’intelligenza (Intelligenza del Virus o Intelligenza Virale ) .
Quando parliamo di Virus Intelligente (intelligenza virale) , non vogliamo certo dire che esso sia dotato di una intelligenza propria ma, in quanto elemento dell’ecosistema, egli partecipa di quella intelligenza che anima la natura e l’universo intero.
L’azione dell’uomo inoltre, introducendo delle circostanze del tutto estranee all’ambiente naturale, favorisce la selezione di virus che partecipano dell’Intelligenza Umana oltre che a quella della Natura.
Tutte le caratteristiche dell’HIV, si realizzano grazie a degli stratagemmi che il virus ha escogitato per ingannare il sistema immunitario dell’ospite: inizialmente attacca le cellule deputate alla difesa dell’uomo grazie ad un arpione che si avvinghia alla membrana cellulare ed aspetta di penetrarla quando è meno difesa. Fino a che sulla membrana è presente acqua il virus rimane in sordina ma sempre vigile, quando trova finalmente i grassi attacca senza pietà.
L’HIV si nasconde nei linfonodi e solo dopo essersi replicato ed aver raggiunto un notevole numero di copie di sé, attacca i suoi principali avversari i linfociti T; se lo facesse con la sola carica infettante iniziale avrebbe sicuramente la peggio.
Secondo Mario Clerici del National Cancer Institute di Bethesda, quando l’ospite ha il primo contatto con il virus, se la carica infettante è bassa intervengono solo i linfociti T che in questo caso sono in grado di distruggere il virus, se invece la carica infettante è alta i linfociti T non bastano ed i linfociti B presenti non sono capaci di annientare l’HIV con la loro produzione di anticorpi.
L’HIV, dimostrando tutta la sua intelligenza virale, sfugge così al primo controllo e si nasconde nei linfonodi, dove inizia a replicarsi.
Anthony Fauci del NIH semplifica: “subito dopo l’infezione la risposta del sistema immunitario che si attiva per difendersi aiuta il virus nella sua azione distruttiva”.
Stupefacente è altresì l’ipotesi avanzata da un gruppo di biochimici dell’Università di Oxford (G.B.) diretto da Stephen Matthews. Il virus possiede una proteina che è in grado di mettere insieme tutte le particelle virali costruite dalla cellula ospite; una volta che il virus è completamente assemblato viene espulso dalla cellula.
La stessa proteina accompagna l’acido nucleico del virus fino al centro operativo della cellula ospite e qui, dopo una trasformazione specifica, la cellula ospite comincia a lavorare per il virus anziché per sé stessa. Un altro sistema con cui il virus sfrutta il sistema immunitario dell’ospite per sopravvivere e moltiplicarsi è quello di infettare altri due tipi di cellule del sistema stesso: i monociti ed i macrofagi. Questi risultano resistenti all’azione citotossica del virus e sopravvivendo permettono a quest’ultimo di sopravvivere e moltiplicarsi.
I monociti si comportano inoltre come dei cavalli di Troia permettendo al virus in essi alloggiato di superare la barriera ematoencefalica dando luogo, in un’alta percentuale di casi, all’encefalopatia da AIDS o dementia complex.
L’HIV, dunque, dopo aver occupato le centrali operative (DNA) delle cellule incaricate di difendere l’uomo dalle aggressioni esterne, le obbliga a produrre altri virus al posto delle normali cellule difensive.
Una volta raggiunta un’opportuna forza numerica, sempre sfruttando le cellule del sistema immunitario (monociti e macrofagi), il virus va a colpire il cervello (centrale operativa dell’uomo). Come strategia militare bisogna dire che l’HIV si pone al pari dei grandi condottieri del passato. Monociti e macrofagi, che dovrebbero proteggere l’uomo, passano dalla parte del virus non solo proteggendolo dagli attacchi di altre cellule immunitarie, ma diventando essi stessi un’importante riserva di HIV.
Come se non bastasse sembrerebbe certo che, data l’enorme variabilità genetica espressa dall’HIV durante il periodo di latenza, le cellule dell’uomo interverrebbero nel selezionare ceppi virali che hanno una crescita più favorevole in certi tipi di tessuto.
Varianti biologiche di HIV che sono più linfotropiche o macrofago-tropiche sono state isolate da individui infetti e sembra abbastanza sicuro che una selezione cellulo-mediata sia coinvolta nell’emergenza di queste varianti.
In pratica l’uomo contribuisce con le proprie cellule a selezionare ceppi di HIV che crescono più facilmente in quei tessuti umani dove il virus ha maggiori opportunità di sopravvivere e replicarsi: è ovvio il vantaggio di questi ceppi quando passano in un altro individuo.
A questo punto sarebbe molto interessante scoprire in che modo l’HIV riesca a mantenere un’infezione cronica di lunga durata e, nello stesso tempo, a continuare a moltiplicarsi senza alcun danno apparente per l’ospite.
Secondo la Dottoressa Klara Tenner-Racz del Dipartimento di Ematologia dell’università di Amburgo, l’HIV possiede un proprio meccanismo di autoregolazione: la produzione di particelle virali difettive (mancanti cioè di qualche componente essenziale).
In questo modo il virus automitiga la sua virulenza e, prolungando la sopravvivenza dell’ospite primario, ha maggior tempo a disposizione per infettare nuovi ospiti.
Le particelle virali difettive vengono prodotte in eccesso e competono con quelle normali nell’infettare una cellula sana.
I virus difettivi pur non danneggiando la cellula ospite impediscono che questa venga infettata da un virus completo. Questo meccanismo potrebbe spiegare l’andamento cronico della malattia.
La ricercatrice tedesca ha studiato al microscopio elettronico i linfonodi di 34 pazienti affetti da linfoadenopatia cronica generalizzata ed ha riscontrato numerosi virus difettivi.
Esattamente questi HIVs anomali sono sprovvisti del nucleo centrale contenente l’RNA e sono forniti del solo involucro esterno. Questi virus anomali possono penetrare in una cellula ma non possono riprodursi.
Per ogni virus completo esistono da 4 a 10 particelle difettive.
La presenza di virus difettivi potrebbe spiegare la lenta evoluzione della malattia od addirittura la sua mancata evoluzione.
Un altro retrovirus, il SIV (Simian Immunodeficency Virus), parente stretto dell’HIV, è in grado di ricostruire un virus completo partendo da un virus difettivo preparato in laboratorio.
Da quanto sopra è logico parlare di “intelligenza virale”.
Continua :
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