#56 Pollicino Abita Ancora Qui (Mamme Assassine Prima Parte)
Pollicino [1] Abita Ancora Qui (Mamme Assassine Prima Parte)
Per quanto grave possano apparire parricidio[2] e matricidio, ancora più grave ai nostri occhi è, tuttavia, la violenza dei genitori sui propri figli (infanticidio-mamme assassine)
Nel caso sia il figlio ad uccidere il padre in fin dei conti lui non ha chiesto di nascere e l’omicidio potrebbe rappresentare il rifiuto violento della scelta fatta dai genitori di metterlo al mondo (tendenza genetica all’omicidio). Quando invece è il genitore ad uccidere il figlio, la cosa appare tanto più “mostruosa”, quanto più si pensa che il genitore scelga “volontariamente” di procreare.
Se tuttavia, consideriamo l’atto della procreazione come il risultato dell’ordine impartito dai geni, più preoccupati della sopravvivenza della specie che dell’interesse del singolo individuo[3], la violenza esercitata dai genitori nei confronti dei figli, potrebbe rappresentare un tardivo rifiuto dell’individuo di obbedire all’imperio dei geni.
La violenza dei genitori sui propri figli va dal semplice abbandono, alla tortura ed all’omicidio (mamme assassine).
L’abbandono dei neonati è una pratica antichissima le cui tracce si perdono nella preistoria e nel mito. Dietro il mito di Mosè, nascosto dalla madre in una culla presso il Nilo, apparentemente per salvarlo dall’ordine impartito dal Faraone di uccidere tutti i neonati ebrei maschi, sta un classico abbandono di minore.
Lo stesso avviene per Romolo fondatore di Roma ed il gemello Remo, abbandonati dalla madre e poi, secondo la leggenda, salvati da un pastore ed allevati da una lupa.
Questa pratica continuò nel corso dei secoli e così i neonati venivano abbandonati sul sacrato delle Chiese, “esposti” (di qui l’origine del cognome Esposito frequentissimo a Napoli[4]), o più semplicemente, come nella Roma del 1200 lanciati –“proiettati” – nei fiumi[5].
Attualmente i mezzi contraccettivi sono, almeno nei paesi sviluppati, facilmente disponibili e molto efficaci, l’aborto è legale in molti paesi, tra cui l’Italia, ed infine è possibile ad una donna che abbia partorito disconoscere il neonato e lasciarlo in ospedale senza che la sua identità venga menzionata.
Un sistema come quello menzionato in nota, della Ruota di Borgo, sembra un lontano ricordo del passato ma la sua funzione, lungi dall’essere diventata obsoleta, viene svolta dal più moderno e squallido cassonetto dei rifiuti[6].
In due anni (1995-1996) in Italia sono stati gettati nei cassonetti della spazzatura 650 neonati vivi.
Come semplice immondizia il neonato viene infilato in una moderna busta di plastica che impedendogli di respirare lo condanna a morte sicura. Qualche volta invece, lavato e avvolto in fogli di giornale ha, come accaduto, qualche possibilità di sopravvivere.
[1] I genitori di Pollicino, taglialegna poverissimi, non avendo più di che sfamare lui ed i suoi sei fratelli decidono di abbandonarlo nel bosco. Pollicino, subdorando qualcosa, ha ascoltato le chiacchiere dei genitori e man mano che si addentra nel bosco lascia dietro di sé un tracciato di sassolini e briciole di pane di cui si era riempito le tasche in modo da riconoscere la via del ritorno. Seguono una serie di tentativi di abbandono finché alla fine uno riesce.
Pollicino decide allora di chiedere ospitalità alla moglie dell’Orco. Il mostro ha sette figlie che nutre amorevolmente di carne umana, per cui confida alla moglie orchessa di voler uccidere durante la notte i sette piccoli ospiti. Pollicino riesce a salvare sé stesso ed i suoi fratelli inducendo con uno stratagemma l’Orco ad uccidere a loro posto le sue sette figlie.
[2] L’uccisione del padre da parte dell’orda di figli – fratelli rappresenta uno dei capisaldi della psicoanalisi.
[3] Vedi Schopenhauer: Op.cit. nota 3 pag. 91.
[4] Oltre ad altri come Amodio, Diotallevi, etc.
[5] Al di là dello scandalo che quest’ultima pratica poteva suscitare essa creava un problema pratico. A quel tempo fiumi come il Tevere erano pescosissimi. Ogni mattina i pescatori dovevano impiegare molto tempo per districare dalle loro reti piccoli neonati particolarmente tenaci nell’aggrovigliarsi alle maglie nello spasmo della morte. Una miniatura conservata nella biblioteca dell’Ospedale Santo Spirito a Roma testimonia questi fatti. Infine una delegazione di pescatori si recò a reclamare da Papa Innocenzo III Lotario che decise di accogliere nell’Ospedale tutti i neonati indesiderati in modo che non fosse più necessario gettarli nel Tevere. Rimaneva il problema di come permettere ad una donna di abbandonare il proprio figlio senza essere riconosciuta. Fu decisa allora la costruzione della famosa “Ruota di Borgo”. In una edicola all’esterno dell’Ospedale venne introdotto un cilindro cavo di legno, con alla base un foro di diametro abbastanza grande da permettere di introdurvi un neonato ma non un bambino più grande. L’edicola era chiusa verso l’esterno da una grata con alla base un foro corrispondente a quello del cilindro. Di notte una donna decisa ad abbandonare il proprio figlio si recava alla Ruota di Borgo, introduceva il bambino nel foro della grata e del cilindro e bussava sul cilindro stesso per avvisare dell’avvenuta “consegna” le donne di guardia alla ruota che stazionavano all’interno dell’Ospedale. Il cilindro veniva dunque fatto ruotare di 180° ed il neonato anziché essere proiettato nel Tevere veniva accolto all’interno dell’Ospedale. Spesso conservava dell’accaduto il cognome di Proietti, frequentissimo a Roma. Una volta accolto all’interno dell’Ospedale al bambino veniva apposto sul piede sinistro un marchio a fuoco con la doppia croce di S. Andrea, simbolo dell’Ospedale di Santo Spirito.
Questa pratica apparentemente barbarica consentiva al bambino, una volta divenuto adulto, di ottenere vitto ed alloggio gratuiti in tutte le Diocesi della Cristianità. Di qui l’accezione “figlio di puttana” o “figlio di mignotta, da filius m.[atris] ignotae, dizione con cui venivano registrati i neonati abbandonati, che a Roma prima ed in Italia poi significò da allora un individuo furbo che vive alle spalle degli altri. La Ruota di Borgo è ancora perfettamente conservata e visibile a Roma in Via di Borgo Santo Spirito con l’annessa buca per le elemosine “per li poveri proietti nell’ospedale”. Un bellissimo quadro di Gioacchino Toma raffigurante due donne addette al turno notturno ad una ruota degli innocenti testimonia il perdurare di questa consuetudine fino all’800.
[6] Probabilmente è sempre una questione di numeri: all’epoca della costruzione della Ruota di Borgo Roma era abitata da qualche decina di migliaia di persone, di cui una discreta percentuale composta da prostitute e rispettivi protettori; qualche innocente in più (la Ruota di Borgo al pari di quella di altre città era anche chiamata la Ruota degli Innocenti o Ruota degli Esposti ) poteva far comodo, anche perché molti di loro, mantenuti fino a diciotto anni a spese ed all’interno del Santo Spirito, andavano ad arricchire le file di preti e monache. In undici anni, tra il 1727 ed il 1738, secondo una delle varie statistiche esistenti, furono lasciati nella Ruota Di Borgo 7496 bambini: una media di due al giorno.
Segue in:
2) Mamme Assassine Seconda Parte
4)Mamme Assassine Quarta Parte
5)Mamme Assassine Quinta Parte
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