Virus Emergenti 2°

Sicuramente tra i virus emergenti, nuovo è il virus che in Giappone, e precisamente a Chitose, 30 chilometri da Sapporo, ha colpito 2.000 persone con sintomi molto simili a quelli del colera e della difterite. L’annuncio è stato dato dalle autorità sanitarie dell’isola settentrionale di Okkaido.

A questo punto lasciamo per un attimo il discorso sui virus emergenti in natura, per occuparci degli studi sperimentali sui virus. Stranamente ogni volta che scoppia un’epidemia sconosciuta viene chiamata in causa, sicuramente a torto, l’ingegneria genetica. Sta di fatto che spesso veniamo a sapere di esperimenti e di incidenti in questo campo solo quando essi sono già avvenuti. Così ad esempio a Birmingham è stato vietato al Prof. Phillip Gallimore di continuare le sue ricerche sull’Adenovirus del raffreddore. Introducendo nell’acido nucleico del virus un gene oncogeno lo studioso inglese aveva creato un microrganismo con la capacità di diffondersi pari a quella del raffreddore ma in grado di provocare la cancerogenesi delle cellule infettate. Alla base dell’ordine di sospensione degli esperimenti c’era la mancanza di sufficienti misure di sicurezza. Forse a Birmingham è ancora vivo il ricordo dell’infermiera uccisa nel 1978 dal virus del vaiolo fuggito da un laboratorio.

Un altro incidente, questa volta senza conseguenze, ci ha informato che nella Yale University (Connecticut) vengono conservati virus molto contagiosi e letali. Uno di questi, appartenente alla famiglia degli Arenavirus, a seguito della rottura di una centrifuga per esperimenti, nell’agosto del 1994, infettò uno scienziato, nonostante lo studioso indossasse guanti, maschera e tuta protettiva. Solo un caso impedì che scoppiasse un’epidemia perché la vittima si accorse di essere stata contagiata dopo vari giorni.

Il virus in questione, denominato Sabbia dal nome della cittadina brasiliana dove è apparso per la prima volta, non è infettivo come quello dell’influenza, ma provoca forti emorragie nel soggetto colpito che muore trasudando sangue dagli orifici del corpo e da tutti i pori della pelle.

Se ricordiamo quanto accaduto in Australia con il virus del Mixoma e la popolazione locale di conigli, nulla impedisce di pensare che virus letali per l’uomo, possano essere usati a scopi omicidi magari per liberare per sempre la terra dagli avversari ideologici e lasciare una popolazione residua completamente omogenea a chi ha usato questo mezzo di sterminio.

D’altra parte non c’è da stare tranquilli sentendo che nell’Ohio è stato arrestato un uomo trovato in possesso di tre provette contenenti bacilli della peste bubbonica.

L’uomo, un certo Larry Wayne Harris di quarantatre anni, si era procurato le provette in un laboratorio del Maryland presentando della false credenziali di microbiologo.

Alcuni scienziati pensano di risuscitare il virus della terribile influenza del 1918 scongelandolo insieme ai corpi di alcuni minatori morti per quella malattia nell’isola norvegese di Spitsbergen. Un componente della spedizione, il pediatra canadese Peter Lewin, ha affermato: se il virus è ancora attivo rischia di diffondersi a macchia d’olio.

Tornando ai virus emergenti un discorso a parte meritano i Filovirus. Alla fine di aprile del 1995 i mass media italiani hanno dato la notizia della morte di due suore bergamasche uccise a Kikwit, 500 Km. da Kinshasa, capitale dello Zaire, da uno dei nuovi virus emergenti: l’Ebola.

A questi primi decessi ne sono seguiti molti altri in un’epidemia che ha suscitato tanto più scalpore per il fatto che proprio in quei giorni era uscito in Italia il film “Virus Letale” (titolo originale “Out Break”) con Dustin Hoffman, a sua volta tratto dal libro di Richard Preston “Area di contagio[1]” (titolo originale “The hot zone”).

Protagonista del libro e del film è proprio lui: il Virus Ebola.

I vari ceppi di Ebola insieme al loro cugino Marburg sono stati inquadrati nell’unica famiglia dei filovirus[2].

Studiando questo tipo di patogeni mi sono accorto che la storia della loro comparsa e delle epidemie da essi provocate, rappresenta una specie di riepilogo pratico di tutte le tesi sinora da me sostenute.

Innanzitutto c’è di nuovo un duplice salto di specie pressoché contemporaneo: i ceppi Ebola-Zaire ed Ebola-Sudan compaiono entrambi nel 1976 in due focolai di epidemia rispettivamente in Zaire e Sudan a distanza di 800 chilometri l’uno dall’altro. La varietà Zaire è decisamente più virulenta di quella Sudan per cui notiamo subito una certa similitudine con quello che accade con l’HIV-1 e l’HIV-2 ed è dunque più difficile considerare frutto del solo caso un fenomeno, come quello del salto di specie, che si ripete spesso.

Ricordiamo che, secondo Burnet, quasi tutti i virus adattatisi ad invadere l’uomo derivarono, all’inizio della civiltà, da riserve animali[3]. Questo trasferimento continua tuttora e sempre Burnet, negli anni cinquanta, ce ne fa vari esempi: l’encefalite di S.Louis, l’encefalomielite equina, la rabbia paralitica in Trinidad, la febbre Q in Queensland e negli Stati Uniti occidentali[4].

[1] Preston R. Area di contagio .RCS Libri e Grandi Opere Milano .1994.

[2] Kiley M P, Bowen E T, Eddy G A, Isaacson M, Johonson K M, Mc Cornich J B, Murphy F A, Pattin S R, Peters Prosesky Q W, Regmery R L, Simpson D I, Slenczka W, Svreau P, Vander Der Groen G, Webb P A and Wulff H. Filoviridae: taxonomic home for Marburg and Ebola Virus Intervirology 18:24-23. 1982.

[3] Mac Farlane Burnet F. Virus as organism. Pag.32. Harvard University Press.1950.

[4] Mac Farlane Burnet F. Op. cit pag.32-3.

Segue in:

3) Virus Emergenti 3°

4) Virus Emergenti 4°

5)Virus Emergenti 5°

6)Virus Emergenti 6°

Vedi anche:

1. Virus Emergenti