Cambiamenti Climatici
Se nessun aiuto ci può venire dalla Madonna o dalla Chiesa circa i futuri scenari su questa terra, legati ai cambiamenti climatici, lo steeso dobbiamo dire degli scenziati e dei poilitici.
Purtroppo le brutte notizie non mancano: la temperatura continua a salire e, secondo esperti del Governo Americano, l’effetto serra cambierà il clima della terra nel XXI secolo causando grandi alluvioni o siccità nelle aree temperate, con la morte della barriera corallina in Florida e la scomparsa dei pascoli sulle Montagne Rocciose. Se si manterranno invariati i consumi di carburanti fossili che producono gas nocivi, la deforestazione e le altre attività umane responsabili dell’effetto serra, con i cambiamenti climatici bisognerà attendersi anche la morte di specie animali e vegetali ed un innalzamento dei livelli degli oceani con l’erosione di migliaia di chilometri di costa.
Il rapporto, ordinato ad uso del corpo legislativo in materia ambientale dal Congresso americano, prevede profondi cambiamenti della geografia agroalimentare nazionale con maggiore produzione di granaglie nel Nordest, ma con la morte degli aceri da cui si produce lo sciroppo omonimo, simbolo della cucina nazionale.
Allo stesso modo New York non avrebbe più inverni rigidi, ma piuttosto finirebbe sotto una cappa pressoché costante di caldo umido. L’Alaska smetterà di essere una regione polare a beneficio della navigazione e dell’industria del petrolio, ma dalle sue acque spariranno foche e specie di pesci fondamentali per la sussistenza locale.
Anche i Grandi Laghi del Nord degli USA saranno meno freddi, con vantaggi su navigazione e commerci, ma calerà il livello delle acque imponendo un nuovo sistema di approvvigionamento idrico. Sullo stato di Washington pioverà sempre di più ed aumenterà il rischio di alluvioni.
Tutto ciò perché, secondo le Nazioni Unite, la terra si sta scaldando più del previsto.
Nel Novembre del 2000 si è riunita all’Aja (Olanda) la conferenza mondiale sul clima: i ministri dei 180 Paesi che avevano firmato e ratificato la convenzione sul clima del 1992 (Rio De Janeiro) erano alla ricerca di una soluzione per arrestare l’inquinamento. Si cercava cioè di dare una risposta concreta agli impegni assunti alla fine del 1997 nel protocollo approvato a Kyoto[1] (Giappone) per la riduzione dei gas serra. Il vertice si è concluso con un nulla di fatto, con tanto di vice primo ministro inglese che ha lasciato la conferenza sbattendo la porta per contrasti con le posizioni del ministro francese[2].
Carlo Rubbia, premio Nobel per la Fisica, ha commentato[3]: ”Il cambiamento climatico è già in atto e le prevedibili conseguenze sono disastrose. Non so se i governi se ne siano resi conto. Il fallimento della conferenza dell’Aja denuncia l’incapacità del sistema politico planetario di prendere le decisioni giuste a nome di tutti.
Col passare del tempo mentre completavo la stesura di questo testo le possibilità indicate a pag. 216: “Iceberg grandi due volte la Liguria si potrebbero staccare, da un momento all’altro, dalla zona del Polo Sud indicata come Larsen B” si sono puntualmente realizzate.
Il 19 marzo 2002 il Nsidc, centro americano per i dati sulle nevi ed i ghiacci, dipendente dall’Università del Colorado, ha annunciato dal suo sito internet che nel giro di 35 giorni gran parte della piattaforma Larsen-B, la cui formazione risale a 12.000 anni fa, è crollata.
Una zona dell’Antartide estesa 3.250 chilometri quadrati e contenente 720 miliardi di tonnellate di ghiaccio si è frantumata in meno di tre mesi in migliaia di iceberg andati alla deriva nel Mare di Weddel.
Qualche mese prima del fallito vertice dell’Aja, Robert Watso, responsabile dell’IPCC (Intergovernamental Panel On Climate Change), aveva previsto che nei prossimi 100 anni a seguito dell’ulteriore aumento della temperatura si avrà un innalzamento del livello del mare da 15 a 95 centimetri.
Un aumento di 60 cm significa la scomparsa di gran parte di piccole isole, di arcipelaghi come quello delle Maldive e di città lagunari come Venezia.
Secondo lo studio pubblicato nel luglio del 2002 dalla Columbia University, il mare Mediterraneo salirà di 15-20 centimetri nel 2030, fino a 45-50 centimetri nel 2100: questo significherà il centro storico di Venezia sommerso dall’acqua alta ed il mare sopra i livelli di guardia nel delta del Po’ ed in Maremma.
Secondo l’ultimo rapporto dell’Unep (il programma ambientale delle Nazioni Unite), il previsto innalzamento del livello del mare nostrum minaccia tutte le coste mediterranee dal Delta dell’Ebro in Spagna e del Rodano in Francia, all’area costiera di Sfax (Tunisia), Fuka Matruoh (Egitto), Baia di Castela e Cres – Lolinj (Croazia) e tante altre.
Come se non bastasse, Drew Harvell della Cornell University ed Andy Dobson, studioso di ecologia della Princeton University, ci avvertono su “Science” che se ora sono piante ed animali ad ammalarsi, presto toccherà a noi proprio a causa dell’aumento della temperatura.
I “presagi” in questo caso sono rappresentati dalle epidemie varie che colpiscono sempre più frequentemente il mondo animale e vegetale: “I leoni, per esempio, li sta falcidiando il cimurro, diffuso da robustissimi microrganismi portati da quantità inedite di mosche.
Per non parlare della strage di farfalle monarca, che soccombono a causa del boom dei parassiti, mentre le zanzare sterminano gli uccelli privi di difese contro la malaria e le barriere coralline si sbiancano in monumenti di morte per l´invasione di un microscopico organismo, il «Perkinsus marinus»: da un giorno all’altro è diventato l´argomento di conversazione preferito dei marinai della Costa Est degli Stati Uniti, rabbiosi per l´improvvisa moria di crostacei che svuota le reti.
Il fattore scatenante è sempre il medesimo, com’è ormai evidente oltre ogni ragionevole certezza: il riscaldamento continuo della Terra, quella febbre maligna che mette sottosopra gli habitat a tutte le latitudini, regalando imprevedibili opportunità alle fameliche energie di funghi, batteri e virus, oltre a insetti e roditori. Si moltiplicano in modo anomalo e cominciano a estendersi e poi a colonizzare luoghi dai quali il freddo li aveva tenuti a distanza da millenni e millenni. Così, nel mondo neotropicalizzato traballano gli incerti equilibri della biodiversità e i rapporti di non belligeranza tra le specie rischiano di tramutarsi in catastrofiche interferenze. E´ sufficiente un´apparentemente minima variazione di uno o due gradi – sottolinea Harvell – e il disastro è certo: fino a che punto cresceranno le infezioni, che già provocano il 37 per cento delle morti di esseri umani?”. L´appuntamento fatale per l´uomo, dunque, si avvicina. Dice la ricerca: «La preoccupante diffusione del colera e della malaria tra le popolazioni africane è una prova ulteriore»
e nella sua panoramica sui cinque continenti l´ecologo Dobson cita:“Le emblematiche (sebbene per ora ancora isolate) deflagrazioni del virus del Nilo negli Stati Uniti: le 20 vittime registrate finora sono fortunatamente poche, in realtà non avrebbero mai dovuto entrare nei cataloghi del «Cdc» di Atlanta, il Centro per lo studio e la lotta alle malattie infettive. Quel virus africano è infatti un extraterrestre a piede libero nelle metropoli e nelle pianure d´America. La natura non aveva previsto che emigrasse fino a lì. La nostra opera di monitoraggio – osservano i due studiosi – ci sta dando dati davvero orribili. Se si aggiunge che oltre 3 miliardi di persone sono malnutrite, che la bomba demografica è tutt’altro che disinnescata, che le fonti d´acqua scarseggiano e che l´inquinamento – dall’aria alla terra – si infiltra anche nei pochi pseudo-paradisi rimasti, allora si delinea un futuro imminente in cui malaria, dengue, colera, febbre gialla, encefalite e tifo potrebbero diventare una pandemia inestirpabile nell’emisfero Sud e un´inedita emergenza in quello Nord”.
Harvell e Dobson si fermano solo davanti al calendario della loro catastrofe globale: sono sicuri che già ci lambisce, ma la data non la vogliono annunciare[4].
Nostradamus, Pio XII, forse anche la “Madonna”, attraverso i pastorelli di Fatima, avevano profetizzato, molti anni prima, il futuro previsto oggi dagli scienziati.
[1] Il protocollo di Kyoto deve essere ancora ratificato da 55 nazioni.
[2] “Sembrava spossata, affaticata non comprendeva i dettagli delle proposte e le rifiutava – commenta il delegato inglese riferendosi alla collega francese – Ha preso paura, non ha saputo spiegare perché ed ha detto no. Quanto agli altri delegati europei hanno mostrato di non avere fegato”.
[3] In un’intervista al Corriere della Sera.
[4] Gabriele Beccarla: La Stampa del 7 luglio 2002.
Vedi anche:
1) Profezie e Previsioni Parte Prima
4)Aumento CO2 ed Aumento Temperatura
5)Profezie e Previsioni 5 : Macchiavelli
6) Profezie e Previsioni 6 : Nostradamus
9) Profezie e Previsioni: Pio XII
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