# 55 Parricidio (Dolce Cara Mammina -Angeli Ribelli Decima Parte)
(Dolce Cara Mammina -Angeli Ribelli Decima Parte)
Entrano in azione gli avvocati difensori, gli educatori, gli psicologi tutti pronti ad affermare che la cosa migliore da fare è quella di lasciare liberi i due ragazzi. Per la prima volta però si odono anche voci fuori dal solito coro buonista-giustificazionista. I coetanei di Erika ed Omar richiedono per i due una condanna che dia ai giovani il senso del limite e soprattutto il Pubblico Ministero Livia Locci, nella sua requisitoria, riesce per la prima volta a far parlare le vittime.
Per fare questo legge alcuni versi della Poesia “Primo Gennaio” di Eugenio Montale e li dedica alla madre di Erika: “So che si può vivere non esistendo, emersi da una quinta, da un fondale, da un fuori che non c’è, se mai nessuno l’ha veduto, so che si può esistere non vivendo, con radici strappate da ogni vento…”. Anche nella morte, dice il magistrato, questa donna è stata “oscurata” da chi le è sopravvissuta e l’ha uccisa. “Ma Susy Cassini – afferma Livia Locci – è morta due volte come mamma: come madre di Erika perché, essendo donna di profonda eticità che cercava di trasmettere dei valori e il suo esempio alla figlia, non è riuscita; e come madre di Gianluca, perché suo malgrado quella sera non ha potuto, nel primo istinto di una madre, proteggere il suo cucciolo”.
A parte questa unica eccezione, in tutti i fatti di cronaca l’attenzione è rivolta verso l’assassino, mentre la vittima, dopo essere stata eliminata fisicamente, subisce l’estremo sfregio della “damnatio memoriae”[1].
Mentre si trovano schiere di avvocati, psicologi, sacerdoti, giornalisti pronti a trovare tutte le giustificazioni per il comportamento dei criminali, ad esaltarne la personalità, a proporre loro di diventare soggetti di libri o film, nessuno spende neanche una sola parola per la povera vittima colpevole a nostro parere di aver impersonato il ruolo del perdente.
Nella nostra società competitiva, tra il ruolo dell’assassino e quello della vittima, al di là di banali ipocrisie, i più si identificano nel personaggio “vincente” dell’assassino.
I geni aggressivi dell’assassino hanno ovviamente la meglio sui geni pacifici della vittima depressa e, a meno che gli aggressivi siano portati a scontrarsi fra loro[2], il loro numero aumenta costantemente nella società per il semplice fatto che i miti vengono da loro eliminati.
Come abbiamo già visto, la guerra di tipo tradizionale svolgeva la funzione di eliminare i geni dell’aggressività attraverso l’eliminazione delle loro macchine di sopravvivenza rappresentate dagli individui più aggressivi.
A riprova di quanto sopra è l’episodio “Dite la vostra” dei fumetti di Alan Ford. Annunciata come showgirl da un cinico presentatore e brandendo un lungo coltello, Erika canta una canzone dedicata alla mamma sul ritornello dell’omonima canzone[3]: “mamma solo per te il mio coltello vola, mamma appena ti branco ti taglierò la gola”.
Sempre nello stesso episodio Erika si presenta così: “… faccio l’animatrice delle feste, canto, ballo, rido, se serve ammazzo anche”; ed ancora a chi la vuole assoldare come killer: “… adesso sono in pausa, poi devo andare ad ammazzare uno che non mi ha pagato, poi ne ho una sfilza che non ti dico.
Devo ammazzare lo zio del mio ragazzo, poi magari ammazzo anche lui, ma questo gratis, prima della fine del mese non c’è niente da fare”.
Anche Pietro Maso era stato a sua volta il protagonista di un fumetto.
Dal fumetto alla realtà il passo è breve ed episodi di parricidio-matricidio ( uccisioni di genitori), per lo più madri, da parte dei figli, si susseguono a ritmo incessante.
Si inizia con due fidanzati che tentano di uccidere a coltellate la madre di lei, si continua con una serie impressionante di casi l’ultimo dei quali[4], per il momento, è quello di un ventenne di Merano che dopo aver ucciso a coltellate i due genitori ha tentato di far fuori con lo stesso sistema anche la sorella.
Fatto nuovo per l’Italia la conferma in appello della condanna a 16 anni per Erika Di Nardo ed a 14 anni per il fidanzato Omar.
Le spiegazioni degli psicologi e le arringhe degli avvocati difensori non hanno convinto i giudici dell’incapacità di intendere e di volere dei due.
[1] Nell’antica Roma autori di particolari delitti e soprattutto personaggi pubblici che a giudizio di coloro che rimanevano si erano macchiati di particolari colpe, subivano la condanna alla damnatio memoriae, cioè l’eliminazione del loro nome da qualsiasi documento od epigrafe in modo che di loro non rimanesse neppure il ricordo.
[2] Sarebbe molto interessante – è ovvio che stiamo parlando di un paradosso – chiudere nella stessa stanza Pietro Maso, Erika e Omar ed altri loro simili e vedere il risultato dell’esperimento.
[3] Di C.A. Bixio e B. Cherubini (1940). Ha avuto come interpreti famosi Beniamino Gigli, Claudio Villa, Luciano Tajoli, Nunzio Gallo.
[4] 25 maggio 2002.
Vedi anche :
I)Aggressività Umana Intraspecifica (Angeli Ribelli Prima Parte)
II)Aggressività Umana Intraspecifica (Angeli Ribelli Seconda Parte)
III)Aggressività Umana Intraspecifica (Angeli Ribelli Terza Parte)
IV)Aggressività Umana Intraspecifica (Angeli Ribelli Quarta Parte)
V)Aggressività Umana Intraspecifica (Angeli Ribelli Quinta Parte)
VI)Aggressività Umana Intraspecifica (Angeli Ribelli Sesta Parte)
VII)Aggressività Umana Intraspecifica (Angeli Ribelli Settima Parte)
VIII) Aggressività Umana Intraspecifica (Angeli Ribelli Ottava Parte)
IX) Dolce Cara Mammina (Angeli Ribelli Nona Parte)
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