#21 Suicidi (Il Male di Vivere II Parte)
Suicidi
(Il Male di Vivere II Parte)
Nuove categorie finora mai rappresentate entrano nella statistica (dei suicidi), un esempio quella dei “flick” (gendarmi) parigini in cui il fenomeno, iniziato in sordina, si è dilatato a macchia d’olio. Ad un certo punto sono intervenuti addirittura i sindacati di Polizia, ma il risultato è stato che quando un poliziotto francese, anziché suicidarsi, ha sterminato madre, padre e due sorelle, non ha saputo spiegare perché.
Il dilagare del fenomeno suicidio in nuove categorie, farebbe pensare a dei precisi fattori di rischio in quest’ultime, ma questa ipotesi cade immediatamente se si pensa che lo stesso aumento costante e drammatico di casi si è avuto in gruppi come quello dei detenuti dove il suicidio è sempre stato la regola. “Da una media di 40, 50 casi l’anno – denuncia il Presidente dell’Associazione Medici Penitenziari Francesco Leraudo – si è passati a 30 casi in soli tre mesi”.
E’ difficile pensare ad un inasprimento delle condizioni di vita nelle carceri ed in ogni caso anche le guardie carcerarie si suicidano, in questi ultimi anni, con maggiore frequenza.
Analogamente la categoria notoriamente più a rischio rimane quella degli ultrasessantacinquenni, ma la percentuale di giovani sotto i ventuno anni che si tolgono la vita è quasi raddoppiata negli ultimi 10 anni.
Nessuna speranza di comprensione del fenomeno da parte della medicina ufficiale, non sicuramente dalla psichiatria né peraltro da sociologia o religione[1].
Si va dalla “mancanza di valori” del sincero ed impegnato Mons. Riboldi ad una non meglio precisata “chiave di lettura generazionale” dello psicologo Valerio Albisetti, nostalgico del ’68[2].
Qualche serio tentativo di comprensione del fenomeno bisogna ammetterlo: la dott.ssa Dina Merozzi, cattedra di neurologia dell’Università di Roma – Tor Vergata, nota dei picchi stagionali dei suicidi, mettendoli in relazione con la fase depressiva della psicosi maniaco-depressiva.
Un altro psichiatra Alessandro Merluzzi chiede che venga riconosciuto il carattere epidemico dei suicidi sottolineando la stretta relazione con la depressione. Anche quest’ultima infatti, specie quella che colpisce i giovani, è in costante espansione.
Ammettere l’aumento di suicidi e depressione sembra ovvio, eppure c’è chi, come Diego De Leo, Presidente dell’Accademia Internazionale per lo Studio del Suicidio, si affretta a negare il carattere epidemico dell’ondata di suicidi.
Per Giorgio Bressa, psichiatra, voler trovare la causa che ha spinto i vari soggetti a suicidarsi, costituisce addirittura “un grande atto di mancanza di rispetto alla memoria dei giovani suicidi” (sic!).
Manuela era un’adolescente che prima di spararsi a scuola, con la pistola presa al padre, scrive una lettera in cui scagiona il genitore dalla possibile accusa di incauta custodia dell’arma[3] e manda una serie di SMS alle sue compagne preannunciando l’evento: “Il corpo incatena l’anima alla terra”.
Parlando del suo suicidio, l’esperta di turno Silvia Vegetti Finzi[4] afferma “Il suicidio adolescenziale non ha mai una sola causa. E comunque questa ragazza non voleva morire: aveva pulsioni opposte di vita e di morte, ha preso la pistola ma ha protetto il padre: voleva mettersi alla prova, dimostrare che poteva vincere le sue paure, i suoi fantasmi. Forse per poco ha vinto la pulsione di morte”.
Il massimo della negazione dell’evidenza epidemica viene da un altro psichiatra, Paolo Crepet. Alla notizie di sei suicidi, nel giro di poche ore, equamente distribuiti fra due anziani, due giovani e due donne, afferma: “L’unica cosa in comune che hanno queste persone è che si sono ammazzate lo stesso giorno. Non si può ricondurre questi eventi ad un unico denominatore in grado di spiegarli o cercare un filo che congiunga, in qualche modo i vari casi. Diceva un mio collega: l’unica cosa che hanno in comune dieci persone che si ammazzano sparandosi un colpo di pistola in testa è la pallottola”.
E’ come se le cifre degli osservatori epidemiologici di tutto il mondo e quelle che tutti i giorni leggiamo sul giornale siano tutta un’invenzione.
Un altro psichiatra ammette l’importanza della depressione come entità nosologica ma solo a livello di sintomo. Per Luigi Cancrini dalla depressione si può guarire, basta “dare parole al dolore” nascosto dietro il sintomo e la depressione scompare. Indubbiamente farmaci antidepressivi od elettroshock non sono miracolosi, ma è semplicistico pensare, negando la componente genetica della depressione, che una semplice psicoterapia possa essere risolutiva.
[1] Con le dovute eccezioni: vedremo poi come proprio il Vaticano riesca a dare una delle spiegazioni scientifiche del fenomeno più vicina alle nostre tesi.
[2] Anno di inizio, in Italia, di quel periodo storico detto della contestazione giovanile.
[3] Precisando che la pistola era nascosta bene.
[4] Psicologa.
Segue in:
3) Suicidi (Il Male di Vivere Terza Parte )
4°) Suicidi (Il Male di vivere Quarta parte)
5°) Suicidi (Il Male di vivere Quinta parte)
6°) Suicidi (Il Male di vivere Sesta parte)
7°) Suicidi (Il Male di vivere Settima parte)
8°) Suicidi (Il Male di vivere Ottava parte)
9°) Suicidi (Il Male di vivere Nona parte)
10°) Suicidi (Il Male di vivere Decima parte)
11°) Suicidi (Il Male di Vivere Undicesima parte)
12°) Suicidi (Il Male di Vivere Dodicesima parte)
13°) Suicidi (Il Male di Vivere Tredicesima parte)
14°) Suicidi (Il Male di vivere Quattordicesima parte)
15°) Suicidi (Il Male di Vivere Quindicesima parte)
16°) Suicidi (Il Male di Vivere Sedicesima parte)
17°) Suicidi (Il Male di Vivere Diciassettesima parte)
18°) Suicidi (Il Male di Vivere Diciottesima parte)
19°) Suicidi (Il Male di Vivere Diciannovesima parte)
20°) Suicidi (Il Male di Vivere Ventesima parte)
21°) Suicidi (Il Male di Vivere Ventunesima parte)
Vedi anche:
1) Suicidi (Il Male di Vivere Prima Parte )
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